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al testo di Pietro Menditto
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Sapete? Non c’è commozione nell’eternità della polvere. E il suo sarcasmo smisurato, contegnoso come ogni vendetta motivata solo da se stessa si manifesta nel travaglio senza riposo con cui va posando su tutte le cose il suo lutto invincibile che è il martirio del nostro. Abbi pietà! – direte – la sua è la pena di ogni perìbasi, di ogni ciclo penoso che nell’asfissìa del ricongiungimento va componendosi senza requie. Non la apparenta forse ai migratori quest’umile andare intorno in ogni dove? ai nomadi che inseguono la sedentaria eternità essendone inseguiti? Non si può essere così severi con chi da sempre abnegante rinunciò a farsi di sé un’immagine. Se lo fece fu perché su ogni immagine potesse posarsi e pesare l’attesa inutile, la polverosa ansia noiosa. Guardate, ora una festa esplode nella, sulla sorpresa notte nuda, vergine matrigna alla prostituta e l’invitata, la festeggiata, anzi, è la polvere… Non quella che eravamo, ancora essendo e in cui ritorneremo ma colei che respiriamo, deserto in diaspora di sontuose tracotanze che sazia padrona si aggira tra le sue stanze galattiche e, vedendoci, polvere ci chiama, sontuosa giammai ma supponente, noi proci all’eternità, noi fingendo persino commozione con sul volto lei che la nostra vince perché è lei la polvere unigenita. Per lei si aprì il teatro tra un firmamento e un’aspersa folla muta. |
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